Salerno. Torna la lirica al Teatro Municipale Giuseppe Verdi di Salerno con l’alzata di sipario per “Nabucco” in scena da giovedì 3 a lunedì 7 ottobre. Il Massimo cittadino continua a rendere omaggio a Giuseppe Verdi nell’anno giubilare del compositore di Busseto con una delle sue opere più celebri e rappresentate come appunto il Nabucco. Il regista Renzo Giacchieri ha spiegato le modalità di realizzazione e le curiosità del palco.

“Nabucco nacque sotto una stella favorevole, giacché anche tutto ciò che poteva riuscire a male contribuì invece in senso favorevole”. Così Giuseppe Verdi parlava della sua terza opera, vero e proprio trampolino di lancio per la sua carriera che da allora in poi conobbe i noti successi. Maestro qual è il suo rapporto con quest’opera?

“Amo moltissimo Nabucco, lavoro composto su libretto di Temistocle Solera in un difficile momento della vita del compositore, dopo il clamoroso insuccesso della prima opera comica Un giorno di regno ed i gravi lutti familiari, è la prima opera completa del ventinovenne musicista di Busseto. Molto spesso quando si parla di Nabucco si fa riferimento allo “sgangherato librettaccio” del Solera, che mostra solo “versamenti di sangue, ira continua, insulti, colpi, uccisioni” ed è “risibile assai e nella forma e nei contenuti donde escono personaggi scialbi e vuoti di intime ragioni”. Si tratta comunque  di un lavoro intenso, spettacolare, ricco di cavatine e di cabalette di grand’effetto; la musica di Verdi è violenta, sin feroce, piena di scontri, contrapposizioni e riconciliazioni ed ha in sé una forza drammaturgica inequivocabile. Un’Opera facile e popolare  ma ricca di contraddizioni: monumentale e fragile, complessa e semplice, accattivante e qua e là un po’ tediosa, che vanta una pagina corale di grande suggestione emotiva: “va pensiero sull’ali dorate”, momento topico e non solo dell’Opera, usato e purtroppo abusato al di fuori di essa per superficiali richiami a sfilacciati istinti patriottardi.”

Qual è il vero protagonista di quest’opera  dal fascino colossale, potente e commovente?

“L’Opera ci racconta dello scontro tra due popoli, Ebrei e Babilonesi, con una storia d’ amore (tra Ismaele e Fenena) assolutamente secondaria. Il racconto descrive il percorso accidentato di un popolo oppresso, tra paure, sensi di colpa, terrore, violenza e bisogno di libertà e di liberazione.  Un capolavoro assoluto di continue tensioni in cui nessuna situazione drammatica si allenta. Sulla scena si consumano lotte tra razze, scontri di passioni individuali e profondi conflitti di personalità in un gioco drammatico  che si tesse su un ordito in cui le masse sono le protagoniste assolute. Ed è proprio sopra la grandiosa intera fascia corale di quest’Opera che viene trapunta, come un bassorilievo, la scarsa consistenza dei personaggi. Che pure rappresentano, almeno nei tre principali, l’appuntamento  ambito e fatale per un baritono, per un basso, per un soprano drammatico di coloratura per quella parte – Abigaille- indemoniata ed esigentissima, cui è tuttavia delegato uno dei primi grandi momenti psicologici verdiani “ben io t’invenni  fatal scritto….. anch’io dischiuso un giorno” cui segue l’altrettanto riuscito personaggio di Nabucco dal vertice del delirio di grandezza “non son più Re, son Dio!”, all’umile implorazione della pietà filiale “o mia figlia! E tu pur anco non soccorri al debil fianco”.”

Stiamo parlando di un’opera colma di pagine dedicate all’interpretazione corale che nella struttura riveste carattere primario.

“Certamente, è il personaggio del Coro (visibile o invisibile) a dominare in assoluto quest’opera “di violenza fonica sistemata a colpi d’accetta” dove “ se proprio vuoi un suo qual fascino alberga e traluce nell’orgoglioso primitivissimo, nel sapore selvatico e acre”. In questa chiave ho letto la mia messa in scena: rigorosa essenziale, ribelle, barbarica, spirituale, tesa ad additare la tragedia esistenziale e religiosa del popolo ebraico. Insomma con quella struttura e con quel linguaggio del Vecchio Testamento alla cui lettura ho  fatto ancora una volta ricorso- in specie all’Esodo, al Levitico oltre che al libro di Geremia- prima di elaborare questo mio progetto per il Lirico salernitano.”

Come saranno i costumi?

“I costumi sono datati 1991, li ho creati -assieme a Fiorenzo Giorgi- per un suggestivo allestimento alle Terme di Caracalla e sono stati custoditi gelosamente, tra gli altri sessantamila, negli archivi della sartoria del Teatro dell’Opera di Roma. Per queste creazioni sartoriali di Nabucco sono state usate le stoffe come macchie di colore: grigie e spente per il popolo ebraico ma con una prevalenza di azzurro e bianco per i  sacerdoti e i soldati; nero argento e oro invece per i babilonesi.”