untitledIl Siope, Sistema informativo delle operazioni degli enti pubblici, costituito presso il MEF/Ragioneria Generale dello Stato, tra le altre informazioni fornisce i dati di spesa corrente e spesa in conto capitale per regioni, province e comuni.

Da rilevare l’alta incidenza delle spese correnti delle Regioni (89%) sul totale della spesa complessiva regionale, rispetto alle spese correnti delle province (79%) e dei Comuni (78,5%).

Complessivamente, gli enti locali impegnano per spese correnti  l’85,7 per cento della spesa totale, mentre destinano agli investimenti solo il 14,3 per cento.

Dei 240,265 miliardi di spesa complessiva degli enti locali, oltre 163 miliardi (il 68%) sono imputabili alle Regioni; poco più di 10 miliardi (il 4,2%) alle Province; 66,7 miliardi (il 27,8%) ai Comuni.

In altri termini, ogni italiano contribuisce al funzionamento di Regioni, Province e Comuni con 4.031,3 euro l’anno: 2.742 per le Regioni; 169,7 per le Province; 1.119,7 per i Comuni.

E’ quindi evidente come la spending review e la revisione della struttura costituzionale degli enti locali farebbero bene ad occuparsi delle Regioni prima ancora che delle Province.

Circa gli emolumenti dei Consiglieri, è la Regione Calabria la più generosa, con 281mila euro contro una media nazionale di 204mila. La Calabria è però sopravanzata dalla Regione Sicilia  per la spesa complessiva per consigliere (ultima colonna) con 1,735 milioni, seguita proprio la Calabria con 1,548 milioni di euro.

Dalle tabelle si ricava il dato sia della spesa totale per i Consiglieri in servizio, pari a 228,608 milioni, che quella per pensioni e vitalizi dei Consiglieri cessati dal servizio, pari a 172,572 milioni.

Di rilevanza il dato Siciliano per la spesa complessiva per i Consiglieri in servizio (20,628 milioni) e quella per i Consiglieri cessati (20,200 milioni).

Circa i contributi ai gruppi consiliari, la Regione Lazio è la più munifica con oltre 13 milioni, seguita dalla Sicilia con oltre 12 milioni e dalla Lombardia con oltre 11 milioni.

Si consideri inoltre che, nel 2012, le regioni hanno erogato ai gruppi consiliari contributi pari a 85.635 euro per ogni consigliere, 28 mila euro ciascuno in più, mediamente, rispetto a quanto versato dal Senato e dalla Camera ai gruppi parlamentari: 57.539 euro pro-capite.

In ultima analisi, il “funzionamento della politica”  in ambito regionale, escluse le spese dell’Amministrazione, costa 995,911 milioni: ogni italiano contribuisce con 16,7 euro l’anno.

Una ricerca del Sole 24 Ore del settembre 2012 fornisce, tra gli altri dati, una analisi comparativa per regione circa il numero dei gruppi, il numero dei gruppi con un solo iscritto, la spesa per abitante di studi e consulenze.

Al di là del numero gruppi consiliari, è interessante la rilevazione dei gruppi costituiti da un solo consigliere: su un totale di 221 gruppi, ben 73 hanno un solo iscritto. In valore assoluto, spicca il dato del Molise dove i 30 consiglieri hanno dato luogo a 17 gruppi di cui ben 10 sono costituiti da un solo iscritto. In Basilicata 9 dei 12 gruppi contano un solo consigliere; in Umbria 6 su 10 gruppi, nelle Marche 9 su 15.

Altra nota dolente nella gestione delle regioni è la spesa per studi e consulenze, soluzione adottata dai partiti politici per far rientrare nella legge prebende e finanziamenti altrimenti sanzionabili per la maggior parte. Ancora una volta a farne le spese sono gli abitanti delle piccole entità: i Trentini si caricano di 55 euro l’anno per mantenere i consulenti a cui si rivolge l’amministrazione provinciale;  i Valdostani di 48,2 euro; gli abitanti della provincia di Bolzano di 31,1 euro.

Mediamente ogni italiano paga 9,5 euro per studi e consulenze impostate dalle Regioni per un totale nazionale di oltre 566 milioni di euro.

A dimostrazione degli eccellenti trattamenti istituzionali della casta regionale, si ricorda, infine, che la sentenza del 16 luglio 2013 della Corte Costituzionale ha abolito le sanzioni previste dalla spending review per gli amministratori “manibucate”, che andavano dalla cacciata del governatore, all’interdizione dello stesso da cariche istituzionali per 10 anni. Inutile ogni commento sui “costi della politica”.

I Consigli Regionali, per le regioni a statuto ordinario, sono composti da un minimo di 20 ad un massimo di 80 consiglieri, secondo quanto stabilito dai singoli statuti regionali.

Il decreto legge approvato dal Governo il 12 agosto 2011 prevede che il numero massimo di consiglieri, escluso il presidente, dovrà essere uguale o inferiore a 20 per le Regioni con una popolazione fino a un milione di abitanti; uguale o inferiore a 30 per le Regioni con una popolazione fino a due milioni di abitanti; uguale o inferiore a 40 per le Regioni con una popolazione fino a quattro milioni di abitanti; uguale o inferiore a 50 per le Regioni con popolazione fino a sei milioni di abitanti; uguale o inferiore a 70 per le Regioni con una popolazione fino ad otto milioni di abitanti; uguale o inferiore a 80 per le Regioni con una popolazione superiore ad otto milioni di abitanti.[1] Ben più generosi sono invece i parametri imposti alle regioni autonome, che variano da un minimo di 35 consiglieri per la Valle d’Aosta, ossia uno ogni 4mila abitanti, ad un massimo di 90 per la Sicilia. In Basilicata con L’Art. 7, comma 10, Legge Regionale n. 35/2012, l’assise è stata ridotta a 20 membri (escluso il Presidente della Giunta) dalla consiliatura successiva all’approvazione del provvedimento.

Mentre nel 2012 la pressione fiscale in Italia è al 44% sul Pil, in crescita rispetto al 42,5% dell’anno precedente, al quarto posto assieme alla Finlandia (pure al 44%); il potere d’acquisto delle famiglie è crollato del 9,4% tra il 2008 e il 2012, come si legge nel bilancio sociale Inps, secondo il quale solo tra il 2011 e il 2012 il calo è stato del 4,9%, la spesa per gli ammortizzatori sociali nel 2012 è aumentata del 19% rispetto al 2011 superando quota 22,7 miliardi, con la spesa principale utilizzata per la disoccupazione con 13,811 miliardi, oltre due miliardi in più rispetto ai 11,684 miliardi spesi nel 2011,le caste regionali usano fondi pubblici perfino per acquistare “mutandoni verdi d’ordinanza” o per vacanze esotiche a spese dei contribuenti.

Mentre cresce il rischio di povertà ed esclusione sociale, con il 29,9% della popolazione italiana che diventa povera,  peggio solo la Grecia con il 34,6%;  con 18,2 milioni di italiani in condizioni di particolare sofferenza dovute alla povertà o alla mancanza di lavoro nel nostro Paese, contro i 15,9 della Germania (il 19,6%), gli 11,8 della Francia (il 19,1%), i 15,1 del Regno Unito (24,1%), i 13,1 della Spagna (il 28,2%), i 2,7 del Portogallo (il 25,3%), peggiore perfino della Spagna, che pure è in grave difficoltà economica con una disoccupazione molto alta e per trovare situazioni peggiori, dobbiamo uscire dai Paesi dell’Eurozona: in Romania risulta a rischio il 41,7% della popolazione, in Bulgaria il 49,3%, in Croazia il 32,3%; le idrovore politiche nazionali, provinciali e Regionali, hanno contribuito a dissestare i conti pubblici, utilizzando i capienti bancomat della spesa pubblica per acquisti privati.

Occorre un profondo rinnovamento della politica improntata ai valori di merito, onestà, competenza, trasparenza ed una revisione dei trattati europei, per far ritornare l’Italia a crescere e restituire ai giovani, privi di lavoro al 42%,la speranza.