angela-merkelJean-Claude Juncker deve diventare presidente della Commissione europea”. Lo ha detto la cancelliera tedesca Angela Merkel intervenendo alla giornata mondiale dei cattolici tedeschi a Ratisbona. “Per questo obiettivo sto conducendo ora tutti i colloqui”, ha aggiunto. Merkel risponde così al segretario generale della Spd, Yasmin Fahimi, che in un editoriale sul quotidiano tedesco ‘Faz’, le chiedeva oggi di prendere finalmente posizione su questo tema, sempre che Merkel non preferisse invece “continuare con i sussurri nei corridoi del potere”. Nei giorni scorsi la cancelliera si era mostrata tiepida nei confronti di Juncker che da molti leader conservatori è considerato troppo federalista per guidare una riforma dell’Ue.

Nel suo intervento odierno a Ratisbona, tuttavia, la Merkel ha anche chiesto di avere “un po’ di pazienza perché è meglio essere accurati che non concludere in fretta”. In ogni caso, già prima delle elezioni europee c’era l’accordo – ha ricordato Merkel – che il candidato del partito vincitore avrebbe assunto questo incarico.

E’ dunque braccio di ferro sulle nomine Ue: Commissione, Consiglio, parlamento ed eurogruppo. Ma a Bruxelles tutto sta ruotando attorno alla poltrona di maggior peso: la guida della Commissione – vale a dire il ‘governo’ europeo – dopo il decennio di Josè Manuel Barroso. Tutte le altre nomine andranno poi fatte entro l’anno, e necessariamente calibrate con la prima.

Il presidente francese Francois Hollande ha già fatto sapere che se Juncker non dovesse trovare una maggioranza in parlamento, la ‘palla’ dovrebbe passare al socialista Martin Schulz, indicato dal Pse prima del voto. Una serie di governi ha già respinto le candidature parlamentari, cioè Juncker: Regno Unito, Svezia e Ungheria. Altri non vogliono accettare l’indicazione dei gruppi politici perché il ruolo centrale del Consiglio ne risulterebbe menomato. Secondo il greco Alexis Tsipras, presidente di Syriza e candidato della Sinistra europea al vertice della Commissione, “il Partito popolare europeo ha vinto le elezioni, tocca a Juncker provare a formare la maggioranza”.

Nei giorni scorsi, il Consiglio informale dell’Unione europea ha dato mandato al presidente dell’Unione, Herman Van Rompuy, di avviare le consultazioni con il nuovo Parlamento di Strasburgo per arrivare a tale nomina. Le consultazioni saranno avviate con i nuovi gruppi parlamentari che non si insedieranno prima della prossima settimana: la proposta di Van Rompuy è attesa per fine giuno. Da qui ad allora, c’è una data – che è quella del 9 giugno – su cui sono puntati gli occhi: per allora, infatti, il premier svedese Fredrik Reinfeldt ha invitato Germania, Gran Bretagna e Olanda nella sua casa di campagna. Da lì si aspettano indicazioni su Van Rompuy, prima della nomina entro metà luglio.

Difficile raggiungere l’equilibrio senza creare un precedente politico che può cambiare la natura delle relazioni tra le due istituzioni europee. Il risultato del voto spinge molti governi a indurire la propria posizione per dimostrare all’elettorato euroscettico, eurofobico e nazionalista di essere in grado di imporre le proprie visioni a discapito delle istituzioni europee. D’altra parte, il parlamento ha la legittimazione del voto diretto degli stessi cittadini. Il premier Matteo Renzi sfrutterà la forte posizione personale e politica guadagnata con il voto: prima i contenuti delle politiche europee poi i nomi è la sua linea. Sotto traccia si è cominciato a trattare anche sui nomi italiani (si è fatto e ripetuto quello di Enrico Letta anche se va tenuto conto del fatto che c’è già un altro italiano alla guida della Bce: Mario Draghi). E dal governo è filtrata l’indicazione: è tutto aperto, nessun posto di rilievo nelle istituzioni europee è tabù.

Ora, il lussemburghese Juncker è il candidato del Ppe alla Commissione europea. Per essere tale, un candidato ha bisogno del sostegno del suo partito e dell’approvazione di non più di due partiti aderenti al Ppe e provenienti da due paesi dell’Ue diversi dal Paese di origine del candidato.

Juncker porta in dote il sostegno del suo partito nazionale Csv ma soprattutto quello della tedesca Cdu e della greca Nea Demokratia. Appoggi, quello del partito che fa capo alla cancelliera tedesca e di una formazione politica ellenica di centrodestra d’ispirazione conservatrice, che potrebbero segnare un punto decisivo nella corsa di Juncker alla presidenza della Commissione Ue.

Ma secondo il ‘Financial Times’ – che in un editoriale prende posizione sulle nomine europee allineandosi alle tesi del premier britannico David Cameron – i 28 leader europei dovrebbero unirsi con l’obiettivo di “scaricare”  Juncker per due ragioni: perché la sua scelta è una “discutibile” appropriazione di potere da parte del parlamento Ue e perché rappresenta tutto quello che gli elettori “di protesta” contestano all’Europa. “La candidatura (di Juncker) equivale ad una rozza appropriazione di potere istituzionale da parte del parlamento”, scrive ‘Ft’ secondo il quale “visto il 43% di affluenza alle elezioni, il parlamento ha un mandato molto discutibile a decidere chi dovrà guidare la Commissione. Il suo tentativo è un affronto all’accountability democratica”. E ancora: per il ‘Ft’ Juncker è inadatto perché “è un arcifederalista della vecchia scuola” e “i leader dovrebbero incaricare un volto nuovo, una figura che vanti esperienza di governo e che abbia appeal popolare”.