peppino amato jrSalerno. Per Giuseppe Amato jr sono i giorni del ricongiungimento con la sua famiglia, i suoi figli, dopo 20 mesi di carcere. Il rampollo dell’ex dinastia di pastai finirà di scontare la sua pena, tre anni e mezzo, in prova ai servizi sociali, lavorando come commesso in un negozio del centro storico.

In una intervista al Corriere del Mezzogiorno, Peppino parla della sua vicenda giudiziaria e delle sue responsabilità nel fallimento della storica azienda salernitana. “Io nel 2010 mi sarei dovuto interessare solo per il 6%, la mia quota, dei problemi aziendali e invece mi ritrovai a parlare con gli operai che non prendevano lo stipendio. Non ho esitato a metterci la faccia mentre il nonno era in vacanza a Saint Moritz. Oggi sono solo io che mi accuso, gli altri parlano un po’ a vanvera” dice l’erede Amato lanciando un’accusa, nemmeno troppo velata, proprio al nonno “L’atteggiamento processuale di mio nonno non è di mio nonno, non lo riconosco”.

Peppino parla degli altri trenta imputati che a suo dire stanno solo “cercando di tirare acqua al proprio mulino” mentre lui si è trovato a dover pagare anche colpe non sue. Una vicenda che lo ha provato anche psicologicamente dopo aver perso ogni certezza all’improvviso.

E ora la sua nuova vita da commesso è vista come “una ciambella di salvataggio, un’enorme opportunità” per un uomo che deve ancora finire di scontare la sua pena.