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L’inviata del Corriere di Salerno, Raissa Pergola, con Elena Santarelli

Chiude la stagione teatrale di prosa di quest’anno del Teatro “Verdi” l’incontro, avvenuto ieri sera, con Elena Santarelli e Massimo Ghini, protagonisti dello spettacolo “Quando la moglie è in vacanza”, in scena da giovedì 26 a domenica 29 marzo.

La trama va ricordata perché molti ricordano solo un titolo e un’immagine, quella del vestito che vola di Marilyn Monroe – sottolinea da subito Ghini – Quella è una scena girata in studio proprio per ottenere l’effetto della gonna che volava. Inizialmente fu girata, in realtà, nella vera metropolitana a New York, ma c’era talmente tanto rumore intorno che non venne bene. Quella scena fu causa di un divorzio perché Joe di Maggio, marito della Monroe, sportivo e di origini italiane, si arrabbiò molto perché l’immagine della gonna finì in tutti gli spogliatoi del baseball americano. Da lì si racconta che avvenne il divorzio”.

Arriva a Salerno, quindi, la versione teatrale della celebre commedia teatrale del 1952 di George Axelrod – “The Seven Year Itch” (Il prurito del settimo anno) -, adattata cinematograficamente tre anni più tardi, in un film diretto dal regista Billy Wilder e interpretato da Tom Ewell, in coppia con l’intramontabile Marilyn.

Abbiamo evitato ogni tipo di correlazione diretta con il film, per una semplice ragione – continua Ghini – perché sarebbe stato un altro falso adattamento, una di quelle false imitazioni, tipicamente italiane. Noi siamo partiti dal testo, dalla commedia scritta per Broadway da Axelrod. Il titolo è stato cambiato da un intelligente distributore italiano, considerando anche che la tendenza italiana è quella di volgarizzare un po’, per cui diventa ‘Quando la moglie è in vacanza’”.

Il testo è molto provocatorio degli anni ‘50: abbiamo un uomo, nel momento della happy family americana, con la moglie in vacanza e con questa ragazza che arriva e che poi ritorna in maniera ipocrita al vivere di tutti i giorni”.

L’attore, inoltre, tende a precisare che “In Campania è molto difficile fare la commedia, si ride molto meno da Roma in giù. Il tema del tradimento è delicato e per determinati argomenti ancora non c’è quella dimensione del poter rider e in maniera libera. Alcuni argomenti sono ancora un po’ fonte di imbarazzo al sud. Ciò non toglie nulla alla qualità del prodotto. È più difficile far ridere. Chi non fa il napoletano o non rientra in quel determinato patrimonio comico fatica un po’”.

Si ricorda, infine, la collaborazione con Renato Zero, che ha scritto 10 canzoni per lo spettacolo, da cui sono nati dei veri e propri monologhi cantati, strettamente legati alla trama, ma che non fanno dello spettacolo un musical.

Il Corriere di Salerno ha incontrato la compagnia e ha chiesto a Massimo Ghini:

La realtà del secondo dopoguerra genera cambiamenti anche nella produzione cinematografica, che diventa più realistica e specchio della società postbellica americana. Quanto questo spettacolo, e per quali aspetti, racconta della società dell’epoca e in che misura questa società, con tutte le sue contraddizioni, può essere sovrapponibile alla nostra?

Noi ci siamo allontanati da quella realtà. L’ambientazione è stata stravolta, infatti, l’ambientiamo a Roma e non a New York. L’abbiamo fatto non per volgarizzare la commedia, ma per darle meno distanza. La commedia del 1952 ha segni di stanchezza, rispetto a quel periodo. Oggi adattarla ad un pubblico moderno ha significato avvicinarla, ma non, ripeto, per volgarizzarla. Noi manteniamo intatta la struttura e i personaggi.

Anzi, c’è una differenza sostanziale tra il film di Billy Wilder e la nostra commedia, perché nel 1954 il film venne autocensurato, in quanto la scena finale della commedia in cui i due vanno a letto non si vede nel film. Invece, qui succede quello che c’è scritto nella commedia di Axelrod.

Qui si recupera la centralità del personaggio maschile come un viaggio nell’ipocrisia maschile. Anche a quell’epoca, ci voleva la forza di affrontare con coraggio queste argomentazioni: Billy Wilder scrive nella sua autobiografia dice di aver passato notti insonni nell’accettare quella censura, per cui non poteva fare quella scena e si è dovuto piegare alla forza della produzione americana, altrimenti il film non sarebbe uscito.

Oggi il nostro cinema non ha il coraggio di affrontare queste argomentazioni.

Rispetto al personaggio che interpreta, la Santarelli, alla luce dei cambiamenti che ha subito la produzione cinematografica americana del dopoguerra, cosa è cambiato? Marilyn non compare nel film come la celebre vamp di Hollywood, bensì rappresenta una donna che si rapporta con l’universo maschile e con un uomo che non supera i limiti che gli impone il formalismo e lo schematismo della realtà in cui vive.

Per il buonismo degli anni ’50 compare un uomo dedito alla famiglia, che si sente attratto, ma che poi accantona il pensiero di un tradimento.

Lui alla fine dice che proprio grazie a quella ragazza ha capito di amare sua moglie.

Ghini interviene: “Anche se l’attenzione è più verso l’atteggiamento femminile e femminista, questo personaggio ha dentro i prodomi dell’atteggiamento femminista, ma non lo è, anzi è sopra il femminismo.

L’anima vincente è quella della donna che entra in questo gioco, ma che poi esce da quella situazione.

La commedia è molto più intelligente, mette a nudo delle contraddizioni, sia maschili che femminili, e fa fare ai personaggi una scelta di campo, senza dare ragione a una parte o all’altra, senza essere femminista o maschilista, ‘senza rimorsi e senza rimpianti’, come si dice nella commedia”.

 

Raissa Pergola

 

1 COMMENT

  1. Ho scelto di vederla a Roma la sera di capodanno (in prima fila, ci tengo a dirlo, perche’ mi ispirava) e ne sono rimasta affascinata. Massimo ha incarnato perfettamente il maschio medio italiano senza tempo, addirittura penso che sia riuscito a dare un dimensione universale del maschio medio, senza volgarizzarlo e senza farne un cinico, o un uomo inadeguato, ma ritraendolo come un uomo normale che arrivato a un punto della vita di quotidiano e noioso equilibrio, trova slancio nell’ incontro con una giovane donna, sicura di se, libera, capace di essere se stessa con semplice spontaneita’ Questo reciproco corteggiamento li porta a vivere la dimensione gioiosa della vita, raggiungendo lo scopo della commedia. Secondo il mio punto di vista, cio’ che spesso ci manca, pur avendo tutto, e’ proprio la gioia di vivere e la voglia di “giocare”. Lo stile della commedia e’ delizioso, divertente e curato. Le canzoni sono bellissime. Spero che facciano altre repliche a Roma, avrei infinito piacere a godermela di nuovo, e anche piu’ di una volta. Complimenti alla Santarelli, ha dato brio al suo personaggio con bravura non comune, e a tutti coloro che hanno lavorato in questo spettacolo. Un applauso enorme a Massimo e Renato.

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