“Mafia” è la prima parola del piccolo Arturo, un bambino cresciuto proprio con pane e politica, o meglio “pane e Andreotti”. Il film ci mostra la vera guerra di mafia tramite gli occhi di un giornalista ancora alle prime armi. Un giornalista fin da piccolo, quando ancora alle elementari dopo aver vinto il concorso “Giornalista per un anno”, decide di intervistare Carlo Alberto dalla Chiesa, prefetto di Palermo, ponendogli questa domanda: “L’onorevole Andreotti dice che l’emergenza criminalità è in Calabria e in Campania, Generale, ha forse sbagliato regione?”
Un mix di commedia e documentario, capace di mostrare agli occhi dello spettatore la drammaticità di quegli anni, caratterizzati da dolore e paura di morte, con una leggerezza che rende il film simpatico ma allo stesso tempo serio. Un film capace di farti capire come la mafia possa entrare nella vita di tutte le persone anche se ufficialmente non si ha nulla a che fare con essa. Un sorriso che porta lo spettatore fino in fondo alla vicenda, un sorriso quasi lacerante e l’alternanza di momenti di amore tra Umberto, interpretato da Pif, e Flora, Cristiana Capotondi, alla morte dei volti noti, vittime della mafia di Palermo, fa scorrere il film avente come sottofondo musicale la narrazione del regista. Una narrazione chiara e sincera che cerca di comunicare il messaggio dell’avvertenza: “Non ripetere gli stessi errori fatti nel passato”.
Parole queste che affascinano i tanti giovani presenti ieri nel Teatro Ateneo dell’Università di Salerno in cui Pif era presente, disponibile a rispondere a tutte le domande postegli. Dal Teatro al multisala The Space, il regista presenta il suo film, una finestra sul mondo della mafia che fa strage dovunque passi. Un film ieri sera è iniziato con un applauso e concluso nello stesso modo, anche accompagnato da commozione per le ultime scene per ricordare anche il Pif da noi sempre conosciuto, con la telecamera alla mano che inquadra se stesso. Sono scene di speranza e di insegnamento per le nostre generazioni: “Quando nasce un figlio devi essere capace di fare due cose: la prima difenderlo dalla malvagità, la seconda imparare a riconoscere la malvagità.”
Articolo e foto di Clemente Donadio