L’evento, organizzato da Leonardo Ricciardi – Guida Professionale AIGA – ha visto la presenza di numerosi curiosi e sempre più appassionati di turismo naturalistico, e, tra brindisi di vino e break di fagioli, ha promosso le iniziative per il nuovo anno, che prevedono più di 80 tra visite, passeggiate ed escursioni attraverso i luoghi più “autentici e genuini” del nostro territorio campano e salernitano in particolare.
Sollecitando gli amanti della Natura alla scoperta della nostra terra, dei suoi panorami mozzafiato e dei suoi borghi talvolta dimenticati, e iniziandoli “all’arte del camminare”, questa giovane realtà associativa salernitana si è con coraggio e determinazione autofinanziata nel corso del tempo, divenendo in pochi anni punto di riferimento specializzato nel turismo outdoor.
Le immagini proiettate e le attività proposte ieri sera aprono in noi una riflessione sul “potere rivoluzionario della passeggiata”. Quasi tutti oramai conosciamo i vantaggi dell’attività fuori porta sul corpo e sulla mente. I ritmi frenetici e le ore trascorse sul luogo di lavoro compongono un quadro di uno stile di vita che è fortemente sedentario per gran parte della popolazione.
L’attività all’aria aperta migliora la circolazione, riduce il colesterolo, armonizza il battito del cuore e riduce ansia e stress con la produzione di endorfine e serotonine, gli ormoni della felicità.
Ancora, la vita sessuale subisce notevoli miglioramenti (sia a livello d’aumento di desiderio che di soddisfazione), si migliora la qualità del
Ma c’è qualcosa di più.
Chi sceglie di praticare questo tipo di attività, non lo fa solo per i vantaggi sopra elencati, ma adotta uno stile di vita che nel tempo in cui siamo – veloce, turbolento, incostante – rappresenta un “modus vivendi” del tutto eccezionale.
Gli outdoorini non sono degli sportivi, ma sono i nuovi “promeneur” che, muovendosi in maniera lenta e rispettosa nella natura, visitano i luoghi in questione con nuovi occhi – quelli meravigliati di neo-viaggiatori – e li ri-scoprono in una dimensione più “intima”.
Abituati ad un tempo che c’impone una velocità a tutti i costi, madre di fretta, ansia e stress, imparare a passeggiare significa riappropriarsi del tempo e riempirlo di senso.
Passeggiare ci fa tornare liberi. Le distanze le guadagniamo con le nostre gambe e il ritmo lo decidiamo noi. E’ un’attività che rispetta la natura, salvaguardia l’ambiente, non fa rumore e soprattutto è accessibile a tutti: non abbiamo bisogno che di noi stessi per godere di ciò che più ci appartiene.
Fare un’escursione – che sia sulla vetta di una montagna o tra i sentieri campagnoli sulle due ruote di una bike, tra le onde in sella ad un kayak o affondando le ciaspole in un paesaggio innevato – significa interrompere il flusso tumultuoso degli eventi che ci divorano e venirne a capo; significa ridurre i compiti da svolgere ed eliminare finalmente – almeno per un breve giorno – una serie di rituali che si ripetono ad ore precise e scandiscono il nostro quotidiano, sempre monotono, sterile ed uguale a sé stesso.
Il gesto del passeggiatore è l’elogio dell’autenticità della vita: apre gli occhi alla bellezza che è intorno a noi ma che non apprezziamo più; acutizza le orecchie ai suoni ancestrali della natura cancellati dai rumori urbani; sensibilizza il nostro olfatto ai profumi dei fiori, delle erbe, del mare, riconoscendone per ognuno una specificità olfattiva; allena i nostri piedi e le nostre mani a toccare senza avere paura di ciò che ci circonda.
È un viaggio sensoriale che arricchisce la nostra mente e predispone il nostro animo all’altro: a quello del nostro compagno di viaggio, all’anima della natura e alle nostre sensazioni dimenticate.
Momenti di aggregazione così si alternano a momenti di introspezione.
A tal proposito vorrei ricordare le parole di Adriano Labbucci, autore di un libro che consiglio, “Camminare, una rivoluzione”: «Non c’è nulla di più sovversivo, di più alternativo al modo di pensare oggi dominante. Camminare è una modalità del pensiero. È un pensiero pratico. È un triplo movimento: non farci mettere fretta; accogliere il mondo; non dimenticarci di noi, strada facendo».
Proviamo per una volta a staccare la connessione esasperata con il mondo a distanza e a riconnetterci con noi stessi e con ciò che ci è di fronte.
Non puoi sapere quanta voglia hai finché non cominci a camminare.