stipendioIl D. L. n. 83/2015 convertito nella L. n. 132/2015 ha introdotto nuove regole per il pignoramento dei crediti da lavoro e delle pensioni.

Grazie all’ausilio dei Consulenti del Lavoro presso lo Studio Paserio, Sandra Paserio e Giulia Vignati, vediamo ora nel dettaglio le regole da seguire per determinare l’ammontare delle trattenute in caso di pignoramento e qualora vi sia il concorso tra il pignoramento e le cessioni dello stipendio.

Quando viene notificato un atto di pignoramento, il datore di lavoro è soggetto a particolari obblighi? 

Sì, l’azienda datrice di lavoro alla quale venga notificato un atto di pignoramento è tenuta al rispetto dei limiti di pignorabilità previsti dalla legge ed è soggetta agli obblighi che la legge impone al custode (art. 546 c.p.c.)

Quali sono i limiti da rispettare per il pignoramento delle retribuzioni? 

Le somme dovute da privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro, comprese quelle dovute a causa di licenziamento (es. indennità sostitutiva del preavviso e TFR), possono essere pignorate nel rispetto dei seguenti limiti:

  • crediti alimentari, nella misura autorizzata dal presidente del tribunale o dal giudice delegato;
  • tributi dovuti allo Stato, alle province ed ai comuni, nella misura di 1/5;
  • altri crediti, nella misura di 1/5.

Nel caso la retribuzione sia pignorata a causa di diverse tipologie di crediti, come si determina la somma da trattenere? 

Nel caso in cui sulla stessa retribuzione debbano essere operate più trattenute, a causa del concorso tra più crediti di diversa natura, i limiti di capienza della quota pignorata sono:

  • la metà dello stipendio, in caso di concorso di crediti tra cui quelli di natura alimentare;
  • 1/5, in caso di concorso di crediti diversi da quelli alimentari.

Se il pignoramento è disposto dall’agente di riscossione, ci sono delle regole particolari?   

Nel caso di pignoramento disposto dall’Agente della riscossione (es. Equitalia) sono fatti salvi i limiti descritti poc’anzi, le somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate nelle seguenti misure:

  • 1/10 qualora la retribuzione pignorata sia di importo fino a 2.500 euro;
  • 1/7 qualora la retribuzione pignorata sia di importo compreso tra 2.500 e 5.000 euro;
  • 1/5 qualora la retribuzione pignorata sia di importo superiore a 5.000 euro.

Cos’è cambiato con l’entrata in vigore della L. n. 132/2015 con riferimento al pignoramento delle retribuzioni? 

La norma ha previsto che le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate, per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale (per l’anno 2015 pari a euro 1.345,56), quando l’accredito abbia luogo in data anteriore al pignoramento.

Quando, invece, l’accredito abbia luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nel rispetto dei limiti precedentemente analizzati.

La novità descritta si applica esclusivamente alle procedure esecutive iniziate successivamente alla data di entrata in vigore del D.L. n. 83/2015, ovvero dal 27 giugno 2015, non avendo subito modifiche in fase di conversione.

Cosa accade se il pignoramento è eseguito in violazione dei divieti oppure oltre i limiti previsti?

Il pignoramento eseguito in violazione dei divieti e oltre i limiti previsti è parzialmente inefficace e l’inefficacia è rilevata dal giudice anche d’ufficio.

Come si determinano le trattenute? Esistono delle somme non soggette al pignoramento?  

Il D.P.R. n. 180/1950 prevede che le quote che sono oggetto di pignoramento e sequestro, si determinano sull’importo della retribuzione calcolata al netto delle trattenute previdenziali e delle ritenute fiscali, così come risultante dal cedolino paga.

Esistono però delle somme che non possono essere oggetto di pignoramento come gli assegni per il nucleo familiare e i sussidi dovuti per maternità, malattie o funerali da casse di assicurazione, da enti di assistenza o da istituti di beneficenza.

In caso di compresenza tra cessione e pignoramento della retribuzione, ci sono delle regole particolari da seguire?   

Nell’ipotesi di cumulo della cessione e del pignoramento della retribuzione si possono verificare due distinte fattispecie:

  1. CESSIONE SUCCESSIVA AL PIGNORAMENTO: quando l’atto di cessione della retribuzione è posto in essere dopo il pignoramento, la cessione della retribuzione, fermo il limite di 1/5, non può eccedere la differenza tra i 2/5 della retribuzione (al netto delle trattenute) e la quota colpita da sequestri e pignoramenti.
  2. CESSIONE ANTECEDENTE AL PIGNORAMENTO: nel caso in cui la cessione sia stata perfezionata e notificata anteriormente al pignoramento, quest’ultimo sarà consentito solo per la differenza tra la metà dello stipendio e la quota già ceduta dal lavoratore, fermi i limiti previsti in caso di sussistenza di crediti alimentari e in caso di concorso tra crediti alimentari e crediti di altra natura.

Questo significa che c’è un doppio limite da rispettare, quello riguardante i singoli pignoramenti o sequestri e l’altro nell’ipotesi di coesistenza di pignoramenti, sequestri e cessioni della retribuzione.

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