parlamentari-che-dormono-12Roma. Non solo stipendi e pensioni d’oro e vitalizi alle stelle, i nostri politici hanno anche altri interessanti modi per far pagare al nostro Paese i gran servizi che ci rendono. In tutti i sensi. Da una recente inchiesta del giornalista dell’Espresso, Stefano Livadiotti,  è venuto fuori che i nostri amministratori pagherebbero, al netto di quel che dichiarano, la metà delle tasse di un cittadino medio. Perché alle tasse dei nostri governanti viene applicata un’ aliquota del 18, 7 per cento.

Ma ragioniamo con i numeri alla mano: basta mettere a confronto le cifre di un parlamentare e di un pari grado, ad esempio un manager, che operi in un’azienda privata. L’incasso annuale lordo è di 235 mila e rotti euro. Partendo da una cifra già così limata, è chiaro che non si può pretendere poi di falcidiarla con una tassazione impietosa. Ed è qui che interviene una provvidenziale normativa, diciamo così d’emergenza, per limitare i danni. Mentre il manager privato dovrà pagare sui 189.431 euro di base imponibile, dopo le ritenute pensionistiche e sanitarie, il 39,4 per cento di Irpef, cioè 74.625 euro, portandosi a casa 114.806 euro netti, il suo equivalente parlamentare pagherà il 18,7, cioè 35.512 euro, meno della metà, mettendosi in tasca 153.919 euro netti.

Come spiega Livadiotti, «è un’interpretazione alquanto generosa dell’articolo 52, comma 1, lettera b, del Tuir» Testo unico delle imposte sui redditi, grazie alla quale non fanno reddito le somme incassate a titolo di rimborsi spese, che per il parlamentare hanno varie forme, come diaria, trasporti, telefono. Basta travestire le entrate da rimborsi.