1656213_606371156115345_1207306521_nGiffoni Valle Piana. ‘Arlecchino’, il servitore più famoso del mondo, maschera immortale della commedia dell’arte italiana, rivive sul palcoscenico della Sala Truffaut martedì 18 marzo nell’allestimento firmato da Marcello Gallo, e prodotto per la Stagione 2013-14 da Giffoni Teatro.

Dopo aver diretto la commedia “Ti sognai con i guanti gialli” di Rosario Muro – presentata con successo anche a Milano – Gallo, con un cast che mescola i “suoi” attori ad alcuni professionisti della scena salernitana, affronta  ’Arlecchino servitore di due padroni’ di Carlo Goldoni con la libertà della riscrittura contemporanea di Giacomo D’Agostino.  Parlare al presente con la forza della tradizione è il suo obiettivo.

Al centro della commedia c’è Arlecchino che per perseguire il suo unico intento ovvero mangiare a sazietà, intreccia la storia all’inverosimile, creando solo equivoci e guai. Attorno a lui le vicende della famiglia di Don Pantalone, anziano mercante che contrariamente alla versione originale di Goldoni nella scrittura di D’Agostino non comparirà mai lasciando che sua moglie Donna Pantalone faccia le sue veci.

Tutto nasce dalla promessa di matrimonio di Clarice, loro figlia e Silvio Lombardi, cui fa da testimone il locandiere veneziano Brighella. I due sono innamorati ed è una fortuna che possano promettersi, dato che Federigo Rasponi, agiato torinese a cui Clarice era destinata, è morto in una lite a causa della sorella di lui Beatrice.

Inaspettatamente però si presenta in casa Pantalone proprio Don Federigo a reclamare la sposa e chiarire gli affari sulla dote della ragazza. In realtà, colui che si presenta è Beatrice Rasponi, in vesti da uomo, per poter andare in cerca di Florindo Aretusi, suo amante fuggito in seguito al colpo mortale inferto di sua mano a Federigo. Brighella riconosce Beatrice ma non svela l’inganno dinanzi ai presenti e, anzi, sta al gioco facendosi da garante per assicurare tutti che lo sconosciuto che si trovavano di fronte fosse per davvero Federigo Rasponi.

Arlecchino per una serie di coincidenze finirà proprio col servire Federigo e Beatrice all’insaputa di entrambi. Due padroni, due pasti. Questa la semplice equazione che il servo Arlecchino crede di poter volgere a suo vantaggio. La questione però, si complica. Le vicende dei due padroni infatti s’intrecciano, costringendo Arlecchino a più di una brillante giravolta per non essere scoperto. E qui, ancora una volta s’innesta la fantasia di D’Agostino che crea ex novo altri due personaggi che servono a far venir fuori il carattere dell’ irriverente servitore, il suo alter ego femminile la “chiromante” Pupella e la furba cameriera della locanda di Brighella da lui frequentata. Piedi svelti e lingua sciolta, per cavarsela di fronte a più di un pasticcio, senza però tralasciare il cuore trovando l’amore nella bella Smeraldina, serva di Clarice.

1471116_10202834755499925_2140979532_nSulla scelta del testo il regista Marcello Gallo non ha avuto dubbi.

“Dopo la piecè ’Ti sognai con i guanti gialli’ – spiega – che ha sancito la rinascita del gruppo teatrale di Giffoni in seguito ad un lungo periodo di fermo, si è pensato di cimentarsi con la commedia dell’arte che è alla base del teatro contemporaneo. E in questo genere quale autore migliore se non Goldoni e l’opera ’Arlecchino servitore di due padroni’ con il quale ho inteso recuperare le strutture attoriali, la corporalità, riprendere la dialettica delle maschere anche per reinventare la Compagnia attraverso gli albori del teatro contemporaneo”.

In questa rivisitazione Arlecchino, servitor di due padroni, si rinnova pur restando sempre fedele a se stesso.

“Lo è nello spirito in quanto il testo già nell’intento dell’autore è un canovaccio e che noi abbiamo adattato ai nostri tempi e ai nostri luoghi. La scrittura di Giacomo D’Agostino trasforma Arlecchino in una maschera a metà tra lui, bergamasco e Pulcinella napoletano, inserisce due personaggi nuovi, oggi sicuramente anche essi maschere: la Cameriera e la chiromante Pupella”.

Con la sua regia Gallo chiama il pubblico a una inesausta riflessione sull’oggi.

Arlecchino con i sui guizzi di fantasie diventa sberleffo del potere e incarna un’Italia che, oggi, ha la necessità di mangiare ma soprattutto amare. Infatti Pupella, suo alter ego, rappresenta il lato femminile di un uomo un po’ ingenuo ma con tanta voglia di credere nell’amore”.

La donna e la femminilità diventa perno centrale della storia o è in sua funzione.

“Nello spettacolo si moltiplicano i personaggi femminili, lo stesso Pantalone diventa Donna Pantalone e tutte, ogn’una a suo modo, concorrono per mettere in risalto la figura femminile e la sua emancipazione nelle varie declinazioni: Donna Pantalone, con forza gestisce gli affari di famiglia, Beatrice è una donna intraprendente e indipendente, scappa di casa travestita da uomo per cercare il suo amore, Clarice, il “sesso debole”, si ribella alla ingiusta decisioni di dover sposare un uomo che non ama a discapito del suo vero amore. Smeraldina diventa portavoce delle donne, ribadendone l’importanza e denunciando i soprusi degli uomini”.

Perché il pubblico debba vederlo è presto detto.

“Come diceva Giorgio Strehler la storia di Arlecchino è ‘memoria vivente’. Questo spettacolo è una piccola “storia del teatro” che, da più di 60 anni, con strepitosa vitalità, conquista spettatori di ogni età e Paese. E’ un’occasione da non perdere per chi non conosce la commedia dell’arte”. Conclude Gallo.

Enrica Bovi