DSC_0250Cava de’ Tirreni. Ed è quando la tragedia greca incontra la vita di un uomo dalle gesta eroiche che l’attenzione non può svanire. Ogni minimo movimento, ogni singola parola saranno accompagnate da centinaia di occhi fissi lì a guardarli. Uno spettatore che pende dalle labbra dell’attore, un paio di occhi incantati e compassionevoli che non riescono a staccarsi dalla scena per paura di perdere ogni minuscolo appunto.

Ecco l’atmosfera che ha accolto il pubblico del tanto atteso incontro settimanale al Social Tenni Club di Cava de’ Tirreni. Il Premio Li Curti nella serata di ieri ha ospitato l’Associazione culturale “Teatrazione” in una performance che si distingue da tutte le altre che fino ad oggi hanno colorato quel palco. Il termine “colorato” non si addice per questa compagnia che ha preferito salire sul palco evidenziando i propri attori da un candido colore bianco che si distacca dal suo significa per ciò che i registi Igor Canto e Cristina Recupito vogliono raccontare. “Paolo Borsellino – L’ultimo istante, storia di un giudice italiano”, sul palco le passioni, i ricordi e l’impegno, ma anche le paure e le incertezze del magistrato assassinato da Cosa Nostra il 19 luglio. Un Borsellino interpretato dal regista, del tutto volutamente morto che vuole giustificare e motivare le mancanze di un padre troppo dedito a ciò che lo circondava senza occuparsi delle figlie, Cristina Recupito e Valeria Impagliazzo, e senza assolvere completamente il ruolo di padre. Il dolore di una madre, interpretata da Alessandra Ranucci, che nel compiere le proprie faccende domestiche è sempre avvolta da un’ansia, quell’ansia di poter perdere un figlio da un momento all’altro. Un figlio,un uomo, un eroe tanto amato per il suo operato ma tanto odiato dalla “malattia” che dominava la Sicilia di quegli anni, come domina la vita di ognuno di noi ogni giorno ma non ce ne accorgiamo: la mafia. Ma se qualcuno si aspettava un tranquillo “raccontare” la vita di una persona e le sue opere da giudice assassinato si è sbagliato di grosso. Il coro della tipica tragedia greca ha fatto rimanere senza fiato lo spettatore facendolo balzare dalle sedie per i movimenti lenti e dolorosi, per i suoni carichi e penetranti, per le parole scandite e assordanti, espressioni teatrali che i quattro attori hanno fatto recepire nel migliore dei modi.

“Chi ha il coraggio di sostenere le proprie idee muore una sola volta, chi ha paura muore ogni giorno”, parole di Paolo Borsellino che sono state tradotte in gesti dalle braccia e dalle gambe del coro riprendendo il Canto del Pescatore dei Fratelli Mancuso e Luciano Berio. Una performance cresciuta e maturata con studio e lavoro duro, per raccontare e non vivere una storia che ha fermato l’Italia, una vicenda che ha fermato per pochi minuti la vita quotidiana in via D’Amelio quel 19 luglio.

Articolo e foto di Clemente Donadio

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