CapobbannaNon paragonateli ai 99 Posse, altrimenti si arrabbiano! I Capobbanna, rivendicano un proprio stile tanto è vero che  nella nostra intervista il tastierista e chitarrista Angelo D’Ambrosio, ha preferito non etichettare il genere musicale di appartenenza. Puntualizza piuttosto che ‘Fuje tu’, l’album d’esordio della band, uscito a luglio di quest’anno, è nato dall’assemblaggio di background ed esperienze musicali diverse; è piuttosto un’identità camaleontica che trova forza espressiva in certi scenari electro/dub/rock coinvolgenti.

‘Fuje tu’ è il prodotto di una band giovane, attiva da un po’ di anni sulla scena musicale ma che solo quest’anno ha trovato la forza di pubblicare il suo primo album. Un album, dal sound dinamico e sferzante, intelligente e toccante, lontano dai luoghi comuni e dai cliché ingialliti che affliggono la musica italiana, che oramai non fa altro che ripetere all’infinito se stesso evolvendosi come una parodia grottesca. I testi si concentrano su tematiche reali, del quotidiano, spaziando tra temi politici di ‘Solo parole’ a quelli di urgenza sociale ‘Un uomo’, fino a scivolare su aspetti intimi.

Invece, i Capobbanna ci ricamano su una tela dalla stoffa leggera ma consistente al tempo stesso, fatta di canzoni in perfetto equilibrio tra la musicalità elegante e l’innovazione estetica, senza inutili ridondanze strumentali o eccessi verbosi, un album per niente banale, dove i singoli episodi hanno una certa dignità emozionale anche perché il motivo di fondo non è brutalmente svelato nei testi che lo compongono. Piuttosto la trama di fondo viene lentamente dispiegata senza pesare sulle orecchie degli ascoltatori.

Abbiamo rivolto qualche domanda ai due musicisti, Sergio Scavariello (voce) e Angelo D’ambrosio ( tastiere e chitarre)

 Come nascono i Capobbanna e quali sono state le vostre precedenti esperienze musicali? 

(Sergio): “Beh, il progetto parte da una vecchia amicizia che ho con Angelo. Abbiamo cominciato a lavorare così un po’ per gioco a dei brani di cui avevo fatto una prima stesura, un provino su cui abbiamo realizzato un arrangiamento, così è nato il primo brano, ‘Fuje tu’, che dà il titolo anche all’album. L’abbiamo proposto in una serata live in un locale, e abbiamo visto che suscitava interesse e quindi abbiamo iniziato a lavorare su altri brani, ma molto a rilento perché non avevamo altri componenti, eravamo solo in due. Successivamente nel 2011 si è aggiunto il batterista Danis Citera, e il bassista Pasquale Palladino, e la band ha preso corpo dotandosi di una sezione ritmica con cui abbiamo iniziato a sviluppare successive idee”

 Singolare il nome che avete scelto, ‘Capobbanna’, ha una triplice accezione, è legato in qualche modo anche al tipo di messaggio che diffondete?

  (Sergio): “Sì, anche il nome è nato un po’ per caso, nel senso che nel nostro dialetto ‘Capobbanna’, ha un triplice significato. Per esempio nel mio paese c’era un vecchietto che quando ci vedeva ci diceva sempre ‘ Ah, sono arrivati i ‘Capobbanna’, perché eravamo molto vivaci e rumorosi, ci spostavamo in gruppo,e non eravamo tanto tranquilli per intenderci! Ci è piaciuta l’idea di accostare l’immagine del direttore di orchestra e del ‘bannista’, che era colui che promulgava le notizie, le urlava e le diffondeva. Ecco, sicuramente per noi il fatto di dare un certo tipo di messaggio è importante.”

 ‘Fuje tu’, dicevamo, da demo mai pubblicato ad album finalmente pubblicato quest’anno, so che è uscito il 25 luglio, cosa ha significato per voi?

  (Sergio): “Per noi è stato un traguardo importante, soprattutto per il lavoro che c’è stato dietro, è stato un lavoro molto intenso e anche molto ricercato, Angelo ha fatto davvero molto per la nostra ricerca sonora, perché comunque non avevamo un’identità, e quindi abbiamo dovuto sviluppare un sound nuovo, che ci rispecchiasse. Io mi sono impegnato di più sui testi, ai quali ho lavorato con l’aiuto di Angelo e di Denis, cercando di dare voce alle emozioni e provando a raccontare la nostra terra e le problematiche che la affliggono. Abbiamo puntato a una tipologia di testi un po’ forti, legati alla nostra realtà, e la ricerca sonora è andata nella stessa direzione”.

 Infatti, proprio ‘Fuje tu’, che dà il titolo all’album, è un testo ricco di significato, ma perché questo titolo? Il testo rivendica anche l’appartenenza ad un territorio in cui non è facile vivere, ebbene quali sono le difficoltà che spesso si incontrano?

 1239468_10201276199004174_718434198_n(Sergio): “Qui nel Cilento è difficilissimo, se non impossibile, vivere di musica, perché mancano le strutture, manca il supporto per chi fa musica e il musicista si trova spesso costretto a scendere a compromessi per sopravvivere. La scelta di ‘fuje tu’ come titolo, rappresenta un invito per i musicisti e non solo a lottare per costruire le condizioni che gli consentano di vivere delle proprie passioni e dei propri sogni senza essere costretti a lasciare la propria casa. Abbiamo cercato di fare qualcosa per raccontare il fenomeno imponente dell’emigrazione dal Cilento, che è fatto di tante piccole realtà a rischio, piccoli comuni che sopravvivono con poche centinaia di abitanti, quasi tutti anziani. Ci piacerebbe che questo fenomeno venisse in qualche modo guardato in faccia e affrontato”.

 Un sound molto particolare il vostro, che in qualche modo si avvicina anche un po’ alla tradizione partenope.  Mi sembra di aver avvertito all’interno dell’album influenze musicali ben precise, che spaziano dagli Almamegretta ai 99 Posse, ai 24 Grana, giusto?

(Sergio): “Beh, alcuni di noi sono davvero cresciuti ascoltando i dischi della scena partenopea! Tutti noi amiamo particolarmente il sound mediterraneo anche se proveniamo da generi diversi. Nonostante le nostre specificità, ci siamo costruiti assemblando percorsi musicali diversi, puntando all’innovazione con un occhio di riguardo alla nostra tradizione musicale. Il fatto di provenire da generi diversi forse ha giocato anche un ruolo fondamentale, noi componenti dei Capobbanna abbiamo fatto tutti percorsi musicali molto diversi però in questo caso abbiamo raccolto un aspetto della nostra tradizione. L’uso del dialetto in alcuni brani ha questo doppio volto perché rappresenta la “voce” e l’espressione di una specifica cultura, quella cilentana, ma è nello stesso tempo utilizzato in maniera innovativa in quanto inserito in un contesto musicale più ampio a forgiare quel sound che più ci piace senza addentrarsi troppo nel popolare”.

 E, in fase di registrazione, quali tipi di apparecchiature avete utilizzato? – A questa domanda mi risponde Angelo –

 551090_162982257171524_57316245_n“Il sound è stato creato da strumenti elettronici ed acustici. Inizialmente avevamo provato le prime tracce con delle batterie elettroniche dopodiché abbiamo chiuso il tutto con degli strumenti veri miscelandoli con l’elettronica mediante l’utilizzo di sintetizzatori e di chitarre elettriche utilizzate in una maniera particolare che si avvicinano ai generi elettronici e d’ambiente, con influenze mediterranee ma allo stesso tempo avvicinandole ad un contesto più occidentale, con rimandi alla Gran Bretagna e al panorama di Peter Gabriel e Brian Eno.”

 Attorno alla musica dub e raggae esiste un circuito sotterraneo che promuove questo tipo di musica come filosofia di vita, com’è radicato questo tipo di sonorità nel territorio?”

 (Angelo): “Mah, noi non ci etichettiamo prettamente con dei filoni raggae, dub, non abbiamo una corrente ‘posse’. Noi ci siamo rifatti a quello che ha costruito il nostro background, con appunto le influenze di quei gruppi. Il raggae è un genere che ci è sempre piaciuto ma non ci accostiamo in una maniera diretta. Più che altro fa parte di una cultura ritmata, il raggae non è una musica prettamente africana, non lo è del tutto per esempio se si vede poi in un contesto più lato”.

 A proposito di cover, ho avuto modo di ascoltare all’interno dell’album la cover di Rino Gaetano ‘E cantava le canzoni’  perché proprio lui, forse perché anche lui non si è mai etichettato, anche se i riferimenti alla classe politica italiana del suo tempo sono abbastanza evidenti?”

 (Angelo): “Rino Gaetano è un personaggio a cui siamo molto legati, al di là del fatto che noi riproduciamo un brano  che si avvicina ai nostri ritmi, senza propinare quello della pseudo tammurriata. In realtà non è collegato all’aspetto politico anche se condividiamo quello che Rino profeticamente ci ha lasciato. La sua attività artistica è stata importante e lui ne era consapevole quando diceva: ‘Le mie canzoni verranno cantate poi da generazioni’. Infatti, noi siamo nati in un periodo particolare. Non ricordo l’anno della morte di Rino, mi sembra l’81, per cui Rino Gaetano ho cominciato ad ascoltarlo molto tempo dopo la sua scomparsa. Di fatto la sua musica influenza e ha influenzato diverse generazioni, è un autore a noi caro per quello che ci ha lasciato, non solo per i suoi messaggi politici, anche se lui non si etichettava come una persona di destra né di sinistra, ma come artista libero che si esprimeva liberamente in uno stato e in una situazione che non permetteva la libertà assoluta, infatti è stato censurato e criticato. Ci sono anche dei dubbi sulla sua morte. Ricordo spesso le parole di Rino Gaetano nella canzone ‘Il compleanno della zia Rosina’, dove profeticamente segna il suo destino: ‘Vedo già la mia salma portata a spalle/ da gente che bestemmia e ce l’ha con me’. Ha colpito intere generazioni e non solo la mia, ma continua a suscitare interesse anche negli attuali ragazzini di 15 anni che cantano le sue canzoni, non solo ‘Gianna’ e ‘Berta’, ma anche quelle più impegnative”.

 Infatti è bello quello che avete detto alla fine della canzone ‘ le canzoni vecchie non esistono’, perché è così.

 (Angelo): “Sì, infatti, la nostra è stata una rivisitazione del tutto personale di Rino Gaetano, ma come ti dicevo, non solo la mia generazione che può essere ritenuta la più vicina in termini di età alla sua conoscenza musicale, ma anche generazioni più recenti cantano ancora le sue canzoni. Il nostro brano prende un’altra piega, differente musicalmente da quella di Rino, che è allegra,  noi invece gli diamo un altro effetto, chi ha la possibilità di ascoltarlo capirà che ha tutt’altro aspetto, tutt’altra vocazione”.

 20130601_212700Nel testo di ‘Solo parole’ il messaggio è molto chiaro: ‘Solo se vivi la vita/ guardando avanti oltre la salita /puoi ingannare la fatica”, questo è un messaggio che rivolgete anche un po’ ai giovani? (Alla domanda vuole rispondere Sergio)

 (Sergio):Beh sì, sicuramente è rivolto anche ai giovani, ma non solo, è un po’ restrittiva come cosa rivolgere una canzone solo ad un tipo di pubblico. L’osservazione è giusta, ma non esclude un pubblico di età maggiore”

 Ci sono dei momenti un po’ più intimi, che richiedono una riflessione maggiore, come ‘Lassame ì’ e ‘Dal mare’, da cosa nascono questi due testi?

(Angelo): “Il testo di ‘Lassame ì’, nasce con la collaborazione del batterista, Denis Citera, l’unica composizione dove non c’è il nostro caro Sergio. E’ una canzone vecchia, ci sono delle visioni, delle figure  che vogliono legarsi ad un aspetto un po’ tradizionale, un po’ mitologico della tradizione, rimandi allo spirito della ‘Bella ’mbriana’,  un brano stupendo di Pino Daniele, il tutto corredato da un lavoro sinestetico, per far fronte alla vicinanza delle parole con la musica, atmosfere e ambienti particolari.  Abbiamo voluto dare l’immagine del suonatore di chitarra, che da solo suona e canta in un vicolo, in questo brano c’è la meravigliosa chitarra classica di Angelo Loia, un musicista molto noto , e che ha dato un contributo importante al disco. In ‘Dal Mare’ abbiamo avuto come ospite una figura decisiva per la mia formazione musicale, un amico di Roma, Giuseppe Natale, un artista nazionale di rilievo, che ha collaborato con Toni Esposito, ed è stato consulente musicale di Carmelo Bene, al flauto traverso. Nella costruzione di questi due brani abbiamo avuto l’onore di essere aiutati e accompagnati da due grandi musicisti, che sono soprattutto due amici,  è davvero importante per noi poterli citare e ringraziare nello stesso tempo”.

Mi pare di notare in alcuni brani anche una fortissima attenzione alla crisi che attraversa oggi l’individuo, in una società dove si bada più all’apparire piuttosto che essere , è quello che si esprime in ‘Notte serena’ e ‘Un uomo’?

 (Sergio): “Sì, ‘Notte serena’ è più intimo come testo, più personale e riflessivo, è nato in un momento delicato della mia vita, quindi molto più intimista come testo, perché c’è anche molto di autobiografico visto che ripercorre la fine di una storia e l’inizio di un amore ancora non corrisposto, mentre ‘Un uomo’ è più generico, un testo che fa più riferimento alle urgenze sociali, concentrandosi sulla bellezza della diversità  e sulla necessità di conoscerla e rispettarla; l’amore è essenziale per il processo di crescita civile che auspichiamo, un uomo senza amore non può essere mai sereno e tranquillo, perché gli manca il fondamento per vivere felicemente”

 copertina fuje tu ok.Caratteristica la grafica dell’album, come mai avete scelto questo tipo di insetti, se non sbaglio sono scarabei?

 (Sergio):“Sì, riflettevamo sulla copertina del nostro cd insieme al grafico che avrebbe dovuto realizzarla, ma non volevamo qualcosa di banale, piuttosto cercavamo qualcosa che avesse un forte impatto visivo e nello stesso tempo fosse un’istantanea sul disco, gli insetti ci sembrarono i più adatti a rappresentarci. Sono coleotteri in via d’estinzione, la Rosalia Alpina e l’Osmoderma Eremita, che vivono ancora sui monti del Cilento. Sara Zagarese, il nostro grafico, ha fatto in modo che quest’idea prendesse forma”.

 Quali sono i vostri progetti  futuri?

 (Sergio): “Abbiamo appena saputo di essere arrivati in finale al ‘Tour music fest 2013’ (http://www.tourmusicfest.it/finale/index.php/the-event/artists) , un festival nazionale molto importante. Stiamo partecipando a dei concorsi che possano darci risalto, possano far conoscere la nostra musica e il nostro lavoro, che è totalmente autoprodotto, siamo una band indipendente che si procaccia le serate da sola, la pubblicità da sola”.

 Quanto è stato difficile realizzare questo album interamente autoprodotto?

 (Sergio):“Tantissimo se pensi che ci abbiamo impiegato 3 anni! Abbiamo dovuto comprare parte degli strumenti necessari, dai computer alle schede audio, per non affrontare l’enorme spesa degli studi di registrazione, perché non ne avevamo la possibilità, abbiamo cominciato a lavorare e man mano abbiamo cercato di trovare gli ambienti adatti per poter lavorare perché non tutti vanno bene per suonare, ci siamo divisi tra Campora e Orria per registrare. E poi, arriva il momento della stampa tra cd e pubblicità, eh si, è stato davvero molto difficile”

 Alessandra Agrello