ilaria-alpiSono trascorsi vent’anni di luci ed ombre dall’omicidio della giornalista Ilaria Alpi e dell’operatore tv Miran Hrovatin.

Era il 20 marzo del 1994 quando un commando somalo li uccise a Mogadiscio, dove Alpi e Hrovatin stavano documentando la guerra in corso e la missione Onu ‘Restore Hope‘. Lanciata dagli Stati Uniti e appoggiata da altre nazioni, tra cui l’Italia, l’operazione internazionale aveva l’obiettivo di porre fine alla guerra in Somalia. Dopo l’omicidio, emerse che la giornalista aveva scoperto un traffico illecito di rifiuti tossici, oltre che di armi, dall’Italia alla Somalia: era a conoscenza di una nave sequestrata dal sultano di Bosaso, parte della flotta donata da Bettino Craxi all’ex dittatore Siad Barre. La cronista era stata minacciata, ma aveva proseguito nelle indagini.

Durante l’inchiesta in Italia, molte fonti confidenziali della Digos e del Sisde hanno ipotizzato che l’agguato fosse stato deciso nel corso di una riunione fra italiani e somali. I magistrati non hanno potuto interrogare quei testimoni perché l’allora direttore generale del Sisde Mario Mori rispose invocando l’articolo 203, ovvero la riservatezza sull’identità di un testimone.

Tuttora le indagini sono aperte, dopo una prima richiesta di archiviazione della procura di Roma del 2007, respinta dal gip.

Niente segreti sulla morte di Ilaria Alpi e sul traffico di armi e rifiuti‘ è la petizione on line lanciata sul sito Change.org: quasi 70 mila le firme raccolte. Il presidente della Camera Laura Boldrini, in una conferenza, ha accolto la richiesta dei firmatari di accedere a 8 mila documenti segreti sul caso e ha detto di aver scritto al Presidente del Consiglio Matteo Renzi affinché valuti la loro desecretazione.

Ilaria Alpi ha pagato con la vita la sua immensa passione per il giornalismo e per la verità. Una morte di cui oggi non si conoscono il movente e i nomi dei mandanti dell’agguato, e che verrà ricordata, in questi giorni, con spettacoli televisivi, teatrali, mostre e molto altro, nelle città italiane.