In questi giorni la corte internazionale dell’Aja, ha espresso l’assoluto divieto per il Giappone di cacciare le balene. La sentenza, non è altro che il frutto di una battaglia iniziata quattro anni fa. Nel 2010, infatti, l’Australia aveva denunciato il Giappone alla corte internazionale, per la continua mattanza di cetacei, che le autorità locali stavano autorizzando nelle acque dell’oceano Antartico. Secondo quanto riportato dai dati australiani, solo nel 1988 i nipponici avevano ucciso più di diecimila balene. Un’ignobile sterminio che i giapponesi avevano sempre giustificato, con le attenuanti di finalità scientifiche, o ancor peggio nascondendosi dietro la scusa di dover salvaguardare una tradizione enogastronomica locale.
La sentenza che dichiara illegale questa pratica, specifica, senza alcun dubbio: «Il Giappone – ha affermato Peter Tomka, giudice della Corte delle Nazioni Unite- deve revocare ogni autorizzazione, permesso o licenza del programma di ricerca Jarpa II e astenersi dal rilasciare ulteriori permessi per questo programma».
Immediata la risposta del Giappone che rammaricato, si è definito disposto ad accettare la sentenza della corte internazionale di giustizia «Siamo una nazione che pone grande importanza all’ordinamento giuridico internazionale e allo stato di diritto come fondamento della comunità internazionale», afferma una nota diffusa dal ministero degli Esteri di Tokyo.